Viviamo in una SIMULAZIONE: Ecco le Prove!
Condividi47Da millenni, l’umanità si è interrogata sulla vera natura della realtà. Sono passati secoli da quando Platone immaginò la caverna e Gautama Buddha insegnò sull’illusorietà dell’esistenza terrena. Oggi, questa antica domanda continua a stimolare la nostra immaginazione, alimentando teorie complesse e affascinanti. Una delle più intriganti è l’Ipotesi della Simulazione, una teoria che solleva la possibilità che la realtà che percepiamo sia in realtà un intricato simulacro cosmico. Da Platone a Elon Musk, da Buddha a Stephen Hawking, illustri figure della storia hanno contribuito a plasmare questa affascinante ipotesi, affrontando domande fondamentali sulla nostra esistenza e sulla natura del nostro universo. In questa introduzione, esploreremo le radici storiche, le implicazioni filosofiche e le moderne evidenze scientifiche che circondano l’Ipotesi della Simulazione, invitandovi a un viaggio che spingerà i confini della vostra immaginazione.
Nuove ricerche scientifiche dimostrano che viviamo in una simulazione…
“La realtà è semplicemente un’illusione, seppur una molto persistente.”
Albert Einstein
Immagina che la nostra esistenza non sia come sembra, che ciò che percepiamo come “realtà” sia, in realtà, un video gioco squisitamente progettato. Benvenuti nel mondo contorto dell’Ipotesi della Simulazione, dove la linea tra realtà e virtualità si dissolve in una rete enigmatica. Mentre ci avventuriamo in questa intricata trama di possibilità, ci poniamo la domanda fondamentale: siamo solo personaggi in un grande videogioco online multiplayer? Preparati per un viaggio che spingerà i confini della tua immaginazione. Nonostante il termine “Argomento della Simulazione” sia stato coniato dal filosofo di Oxford Nick Bostrom in un articolo fondamentale nel 2003, l’idea di vivere in una realtà simulata è presente da molto tempo nella scienza, nella religione e nella narrativa. Uno degli esempi più antichi di questo concetto si trova nel libro di Platone, “La Repubblica”, dove si parla di una caverna e dei suoi abitanti.
In questa caverna, le persone sono legate a un muro e possono vedere solo ombre di oggetti proiettate dalla luce esterna. Creano la propria comprensione della realtà basandosi su queste ombre, e Platone suppone che siamo simili agli abitanti di questa caverna, vedendo solo ombre del mondo reale. Analogamente, molte credenze religiose suggeriscono che il mondo che vediamo intorno a noi non è del tutto reale. Secondo Gautama Buddha, fondatore del Buddhismo, la nostra esistenza in questo mondo è come un’illusione causata dall’ignoranza. Per spiegare ciò, utilizza l’analogia di un cucciolo legato a un robusto pilastro con una catena di acciaio. Il cucciolo può muoversi solo nella lunghezza della catena, proprio come gli esseri sono confinati dai cinque aggregati: forma, sensazione, percezione, volizione e coscienza.
La catena che li tiene vincolati è la loro brama per questi aggregati. Tuttavia, eliminando l’ignoranza e i desideri, gli esseri possono liberarsi da questa esistenza illusoria e raggiungere il luogo chiamato ‘Nirvana’. Questa suggestione stimolante suggerisce che il mondo che percepiamo potrebbe non essere così reale come sembra, e potrebbe esserci un’intera esistenza diversa oltre questa illusione. Psichiatri come Carl Jung hanno esplorato la questione della proiezione mentale, in cui ogni persona interpreta il mondo leggermente diversamente in base ai propri pensieri interiori. In questa prospettiva, una parte significativa di ciò che consideriamo il mondo fisico esterno è, sorprendentemente, un prodotto della nostra stessa mente, simile a un sogno vivido, senza alcuna concreta realtà fisica oggettiva.
Più recentemente, Elon Musk ha reso popolare l’Ipotesi della Simulazione, suggerendo una possibilità di miliardo a uno che viviamo in una simulazione sofisticata piuttosto che in una vera realtà fisica. Nel campo della fantascienza, nessun altro film è stato più influente nel diffondere l’ipotesi della simulazione rispetto a “The Matrix”, uscito nel 1999. Il film ritrae Keanu Reeves nei panni di Mr. Anderson, che abita un mondo simile al nostro. Tuttavia, durante la notte, si trasforma nel provetto hacker Neo, che esplora vari reami virtuali su internet solo per scoprire enigmatici riferimenti a qualcosa noto come “la Matrice”. Questa rivelazione lo porta a incontrare un gruppo di hacker che mettono in discussione l’intera prospettiva di Neo.
In una scena ormai iconica, Neo viene messo di fronte alla scelta di prendere la “pillola rossa” o la “pillola blu” da un personaggio chiamato Morpheus. La pillola rossa sveglierà Neo, mentre la pillola blu gli permetterà di continuare a vivere nella realtà onirica che è la Matrice. Optando per la pillola rossa, Neo si sveglia alla realizzazione che la sua realtà percepita era una simulazione informatica. Scopre che nel mondo reale, gli umani vivono in capsule, collegate alla Matrice in una simulazione altamente realistica simile a un videogioco. I seguiti di “The Matrix” rivelano che questa realtà simulata è stata progettata da macchine superintelligenti per mantenere occupate le menti umane, le quali utilizzavano la piccola quantità di elettricità generata dal cervello di ciascun umano per i loro loschi scopi.
La fisica quantistica offre evidenze convincenti che suggeriscono la possibilità di una realtà simulata. Il nucleo della fisica quantistica risiede nell’idea che l’universo non è continuo, ma è composto da unità discrete note come “quanta”. Questo vale anche per particelle subatomiche come gli elettroni, che sembrano saltare istantaneamente tra stati senza attraversare i valori intermedi, un evento noto come “salto quantico”. Interessantemente, questo comportamento riflette anche le simulazioni informatiche, che si basano su unità discrete chiamate “pixel”. Tra gli aspetti affascinanti e perplessi della fisica quantistica c’è l’idea che la nostra esistenza potrebbe non essere radicata in un universo fisico come convenzionalmente inteso, ma piuttosto in un regno di probabilità. Secondo questa idea, le particelle subatomiche esistono come un’onda di probabilità, chiamata “l’onda di probabilità quantistica”, finché l’onda non collassa in una singola realtà.
Un’analogia utile la paragona a essere in un teatro con molteplici posti a sedere, dove l'”onda” rappresenta la probabilità di occupare un particolare posto. I fisici quantistici propongono che la coscienza giochi un ruolo cruciale nel collasso dell’onda di probabilità, agendo come un usciere cosmico che guida le particelle verso posti specifici nel teatro della realtà. Questo concetto sfida l’idea di un osservatore separato e di un universo osservato, disturbando la tradizionale separazione soggetto-oggetto. Inoltre, solleva l’affascinante possibilità che potremmo non vivere in una realtà del tutto “oggettiva”. Invece, la nostra coscienza è così interconnessa con la realtà che potremmo vivere in un insieme di realtà soggettive interconnesse. Questo fenomeno, noto come “indeterminazione quantistica”, si presenta come uno dei misteri più profondi e affascinanti nel campo della fisica.
Nella fisica quantistica, il collasso di un’onda di probabilità in un singolo futuro sembra dipendere dall’osservazione o dalla misurazione cosciente. Facciamo un’analogia con un videogioco, dove il percorso di un giocatore è determinato dalle sue scelte coscienti e come queste scelte vengono renderizzate sul proprio computer può essere pensato come “macchina di coscienza”. Il computer di ciascun giocatore renderizza solo la parte rilevante del mondo virtuale in base alle loro scelte individuali, suggerendo che ognuno di noi potrebbe sperimentare una versione leggermente diversa della realtà a seconda delle nostre osservazioni del mondo circostante.
Il lavoro innovativo di Einstein ha rivelato che la velocità della luce rimaneva una costante fondamentale nel nostro universo, ma man mano che gli oggetti si avvicinavano alla velocità della luce, sia lo spazio che il tempo sembravano adattarsi, un fenomeno enigmatico verificato da esperimenti. Il coinvolgimento di Einstein nell’emergere della fisica quantistica ha portato a una ridefinizione di come gli atomi e le particelle subatomiche si comportino. La scoperta del Principio di Esclusione di Pauli da parte di Wolfgang Pauli ha rivelato che due elettroni in un atomo non potevano occupare contemporaneamente la stessa posizione o stato quantico. Le indagini di Einstein sull’effetto fotoelettrico hanno portato alla comprensione che la luce agisse come “quanta” o particelle che “saltavano stati” quando assorbivano energia, il che è chiamato “salto quantico”. Questi quanti di luce sono ora noti come fotoni.
Queste scoperte rivoluzionarie hanno portato a una rivalutazione del modello standard per descrivere la natura e il comportamento delle particelle subatomiche. È diventato evidente che gli elettroni e altre particelle subatomiche non erano così ordinate come si credeva in precedenza, scartando l’idea di orbite continue nel modello planetario dell’atomo. L’idea di individuare l’esatta posizione degli elettroni è diventata impossibile, portando alla consapevolezza che essi esistevano in una “nuvola di probabilità”. Più si cercava di individuare la posizione di una particella, meno certa diventava la sua velocità e viceversa. La radice del problema risiede nella natura duale di alcune particelle nel mondo quantistico, dove una particella può essere contemporaneamente una singola particella e un’onda.
Visualizzando questo concetto, possiamo pensare a una particella come confinata in una posizione specifica, simile a una persona seduta in una sedia in un cinema. Questo è ciò che chiamiamo la natura “locale” di una particella. D’altra parte, un’onda può mostrare dove potrebbe essere trovata una particella in base alla probabilità di ogni posizione. Per illustrare questo concetto, immagina che questa onda rappresenti l’insieme di probabilità che tu scelga una particolare sedia nel teatro per guardare il film. Ogni punto sull’onda indica la probabilità che la particella sia presente in quel punto. Il famoso esperimento dei due tagli è stato progettato per indagare se le particelle (ad esempio, elettroni o fotoni) si comportassero come particelle discrete o come onde. Se si comportassero come onde, attraverserebbero entrambi gli intagli e creerebbero un modello di interferenza sullo schermo oltre.
Se agissero come particelle, passerebbero solo attraverso uno degli intagli alla volta e apparirebbero in posizioni specifiche sullo schermo. Inaspettatamente, l’esperimento dei due tagli ha rivelato che particelle di base come fotoni ed elettroni manifestano sia comportamento ondulatorio che di particelle discrete, e le loro posizioni esatte non potevano essere determinate fino a quando non venivano osservate. Per illustrare ulteriormente questo concetto, immagina un teatro buio con solo una torcia elettrica per illuminare una sedia alla volta o con tutte le luci accese contemporaneamente. Quando la torcia si focalizza su una sedia specifica, la particella appare solo in quella sedia specifica. Tuttavia, quando tutte le luci sono accese, vedremmo l’onda o la presenza parziale della particella che appare su tutte le sedie. Questo mostra il comportamento singolare delle particelle quantistiche.
Gli scienziati quantistici iniziali chiamavano questa onda di possibilità “l’onda di probabilità quantistica” e proponevano che quando una particella viene osservata, l’onda collassa in una singola possibilità. La causa di questo collasso rimane una questione dibattuta ancora oggi. Heisenberg affermava che il percorso dell’elettrone viene in esistenza solo quando lo osserviamo, mentre Amit Goswami, un fisico in pensione dell’Università dell’Oregon, suggeriva che la misurazione riducesse l’onda dell’elettrone a uno stato di particella. Questo dilemma centrale della dualità particella-onda ha sollevato profonde domande non solo sul modello classico dell’atomo, ma anche sulla nostra comprensione fondamentale dell’osservazione scientifica e della separazione tra soggetto e oggetto.
La scienza moderna è basata sull’idea che l’osservatore e ciò che viene osservato siano separati e che l’atto di osservazione non influisca sul risultato. Tuttavia, la fisica quantistica ha messo in discussione questa idea, suggerendo che l’osservazione giochi un ruolo nel collasso dell’onda di probabilità. Ciò significa che l’osservatore, che è un’entità conscia, partecipa all’esito dei risultati dei fenomeni fisici, almeno a livello subatomico. Nel 1935, il fisico Erwin Schrödinger stava cercando di spiegare il concetto di sovrapposizione quantistica, dove una particella può esistere contemporaneamente in stati multipli fino a quando osservata, momento in cui assume uno stato. Per illustrare questa idea, Schrödinger usò l’esempio di un gatto teorico in una scatola con una sostanza radioattiva che ha una probabilità del 50 percento di uccidere il gatto. Prima di aprire la scatola per verificare, non sappiamo se il gatto sia vivo o morto.
La fisica quantistica indica che il gatto è in una sovrapposizione di entrambi gli stati fino a quando osservato, e solo allora l’esito diventa definito. Il concetto di sovrapposizione può essere confuso, poiché significa che un’entità può esistere in stati multipli contemporaneamente fino a quando l’osservazione determina una realtà specifica. Quest’idea è osservata anche nel comportamento delle particelle subatomiche, come gli elettroni, che esistono come onde di possibilità fino a quando osservati, momento in cui diventano particelle localizzate. Facciamo un passo avanti, John Wheeler, un rinomato fisico teorico, introdusse ulteriori scelte dopo i due intagli nell’esperimento. Questa mossa era un tentativo di placare certi fisici che credevano che la particella avesse già assunto uno stato di particella solida o di onda passando attraverso gli intagli, e la misurazione ci diceva quale dopo il fatto.
Questo confronto può essere paragonato al gatto di Schrödinger che è già morto o vivo, non poteva essere entrambi! Aprire la scatola in futuro ci “svela” solo lo stato effettivo del gatto! Questo esperimento proposto da Wheeler, noto come “esperimento a scelta ritardata”, è un’estensione dell’esperimento originale dei due tagli. In questa configurazione, dopo che la particella passa attraverso un set di doppi tagli, c’è uno specchio che riflette le singole particelle in un’altra configurazione. Se la particella si comportasse come una “particella” quando passa attraverso gli intagli, il suo comportamento sarebbe diverso da quello di un’ “onda”. Anche se Wheeler inizialmente lo propose in modo teorico, successivamente gli scienziati trovarono modi per metterlo in pratica.
Nella configurazione, viene posizionata una lente dopo gli intagli, causando la divergenza del percorso della particella al contatto con la lente. Ciò significa che se una particella passa attraverso l’incisione 1 o l’incisione 2, avrà una destinazione diversa, ovvero il telescopio 1 o il telescopio 2. Stranamente, quando uno “schermo di interferenza” viene brevemente introdotto tra la lente e i telescopi, compare un modello di interferenza, indicando che la particella si comporta come un’onda, passando attraverso entrambe le fessure. Tuttavia, la particella non può raggiungere i telescopi a meno che non si comporti come una particella discreta, passando solo attraverso una fessura. Ciò ha portato a due risultati paradossali: la presenza di un modello di interferenza e le particelle che arrivano a uno dei telescopi o all’altro!
Wheeler concluse che le particelle quantistiche sono indefinite fino al momento in cui vengono misurate, anche se la misurazione avviene dopo, la particella deve fare una scelta su quale fessura entrare! Questa nozione sfida la nostra percezione della realtà, assimilandola al gatto di Schrödinger che non è né morto né vivo fino a quando osservato. Nel 2017, gli scienziati italiani hanno condotto un esperimento a scelta ritardata su lunghe distanze facendo rimbalzare i laser su satelliti, ottenendo risultati consistenti. Sorprendentemente, il fotone ha mostrato proprietà sia di onda che di particella fino al momento della misurazione, il che significa che qualcosa nel futuro (l’osservazione) stava influenzando qualcosa nel passato, un concetto chiamato “retrocausalità”. Alcuni esperti che hanno portato questa implicazione a livello macro credono che l’esperimento a scelta ritardata implichi che potremmo esistere in molteplici probabilità contemporaneamente, sia nel presente che nel futuro.
Questo suggerisce che le onde di probabilità nella fisica quantistica non descrivano solo dove si trovano le particelle o gli individui ora, ma anche dove potrebbero trovarsi in futuro. Se il concetto che il futuro influenzi il passato suona come qualcosa tratto dalla fantascienza, allora l’interpretazione delle molte mondi (MWI) della fisica quantistica lo spinge ancora più in là ed è diventata l’ispirazione per numerose storie di fantascienza e fantasy. Proposta da Hugh Everett, questa interpretazione suggerisce che quando viene fatta una scelta quantistica, invece di un’onda di probabilità che collassa in una singola realtà, vengono create molteplici universi, ognuno rappresentante un risultato diverso. In questi universi paralleli, tutte le probabilità sono vere, portando a un vasto multiverso di infinite possibilità.
Il termine “interpretazione delle molte mondi” (MWI), reso popolare dal fisico teorico Bryce DeWitt, ha guadagnato popolarità attraverso i suoi articoli negli anni ’60 e ’70. DeWitt scrisse, in una famosa spiegazione: “Ogni transizione quantistica che avviene su ogni stella, in ogni galassia, in ogni angolo remoto dell’universo, sta dividendo il nostro mondo locale in miriadi di copie di se stesso”. L’idea è sconcertante: ogni transizione quantistica, per quanto grande o piccola, porta a una ramificazione in innumerevoli universi, ognuno con il proprio unico insieme di scelte. Ciò significa che potrebbero esistere universi in cui il gatto di Schrödinger è contemporaneamente vivo e morto. Oggi ci riferiamo semplicemente a questa idea come “multiverso”. Sebbene questa teoria possa sembrare fantasiosa, offre un’alternativa convincente all’universo soggettivo implicito dalla fisica quantistica.
Se gli universi paralleli vengono creati ogni volta che prendiamo una decisione importante (o anche una minore, nel regno della fisica quantistica), allora c’è un grafo diretto di universi multipli che si stanno ramificando. Ciò implicherebbe che ogni ramo si ramifica nuovamente, e finiamo con un numero sempre crescente di universi ogni volta che viene presa una decisione quantistica. Tuttavia, una teoria, esplorata in uno degli ultimi articoli di Stephen Hawking, suggerisce che il numero di universi paralleli potrebbe non essere infinito ma limitato a un conteggio più ridotto. Nonostante ogni decisione quantistica porti a un nuovo universo, alcuni di questi universi sono piuttosto simili. Ad esempio, se scegli le uova per colazione oggi e la salsiccia domani, questi due universi potrebbero sembrare simili dal tuo punto di vista, soprattutto se confrontati con universi in cui fai scelte di vita più significative, come uccidere qualcuno o diventare monaco.
In questa complessa rete di universi ramificati, potresti raggiungere stati simili di esistenza attraverso percorsi e scelte differenti. Ad esempio, potresti finire al punto C seguendo due percorsi e insiemi di scelte diversi, anche se sono partiti dallo stesso punto A. Riconsideriamo l’ipotesi della simulazione. Se ci troviamo in una realtà simulata invece di una fisica, la questione se i futuri probabili o i mondi paralleli siano reali o simulati diventa più comprensibile. Un computer può simulare un gran numero di possibilità molto rapidamente; infatti, questa è una delle idee principali dietro l’esecuzione delle simulazioni. I videogiochi, con le loro capacità di intelligenza artificiale, sono in grado di sviluppare possibilità e prendere decisioni basate su informazioni misurate.
Tra i fisici e i filosofi esistono dibattiti sulla natura degli universi paralleli proposti nella Many World Interpretation. Questi universi sono reali mondi fisici o solo probabilità tracciate da un computer? Perché queste copie dell’universo siano reali, significherebbe che qualcuno o qualcosa deve creare una copia dell’intero universo ogni volta che viene presa una decisione. Si tratta di un compito piuttosto complicato e che richiede molte risorse. Confrontiamo ciò con la clonazione in biologia, dove possiamo creare copie di cellule o organismi. Ma ricorda, la clonazione richiede tempo ed impegno, non può accadere in un istante. Ora immagina di cercare di clonare l’intero universo e assicurarti che ogni singola particella si trovi esattamente nello stesso posto di prima. Si tratta di un compito incredibilmente complesso, ben al di là di tutto ciò che possiamo immaginare!
In contrasto, il concetto di ottimizzazione nel calcolo offre un approccio più credibile. In un modello computazionale, le informazioni sull’universo esistono digitalmente, e le particelle o i pixel vengono resi solo quando necessario, proprio come nei videogiochi o nelle simulazioni. La suggestione di Stephen Hawking secondo cui il numero di universi potrebbe non essere infinito ma limitato al numero di particelle implica che molte delle particelle negli universi copiati siano in configurazioni “simili”. Questo si allinea con le comuni tecniche di ottimizzazione usate nei computer e nella grafica computerizzata. Mentre riflettiamo su una struttura computazionale che potrebbe supportare universi multipli, molti di questi universi avranno particelle nella stessa posizione esatta, portando a una significativa compressione e ottimizzazione.
Considerando un quadro computazionale per la realtà si apre alla possibilità di un vasto sistema informatico che elabora informazioni e rende particelle solo quando necessario, una forma di indeterminazione quantistica quando serve. Pertanto, la teoria secondo cui tutta la realtà è, in realtà, una simulazione artificiale o virtuale potrebbe essere l’unico modo pratico per comprendere l’interpretazione dei molti mondi, l’esperimento a scelta ritardata e il concetto di scenari probabili futuri.
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